Una stanza stipata di giovani in crop top che si dimenano sui tacchi con sconcertante convinzione e una punta di irriverenza.
Detta così potrebbe essere in tutta tranquillità una scena di “Requiem for a dream” e se non lo è, è solo perché le protagoniste di questa messinscena sono tutte paganti e felicemente consenzienti.
Ebbene sì, mio dolce amico, tu che forse hai creduto che finalmente avessi ritrovato un po’ di pudore, assente ingiustificato dal ’94, hai capito perfettamente. Agitarmi come un ramo spezzato sulle note di mezza colonna sonora di cinquanta sfumature di grigio è proprio il mio nuovo hobby.
Come io sia finita a sgambettare come un brutto burattino con l’ego di Belén è una storia che comincia con “vorrei fare più sport” e termina con me che mi presento al corso di danza più malvisto dalle mamme un martedì pomeriggio di un mesetto fa.
E quindi in questo racconto avvincente ci sono io con le mie scarpe taccate fresche fresche di Amazon prime che mi aggiro timidamente per la struttura alla ricerca di un camerino dove camuffarmi da operatrice di strada. Il tutto dura quanto basta perché un signore che personalmente avevo scambiato per un guardone (ma che poveraccio era solo un onesto lavoratore) mi si avvicini per chiedermi come mai stessi vagando per la palazzina con lo sguardo vuoto e se potesse fare qualcosa per me dal momento che il suo turno sarebbe comunque durato fino alle 20.
Dopo avergli spiegato il motivo del mio aggirarmi e averlo ringraziato per non avermi ignorato come io avrei tranquillamente fatto al suo posto, mi spedisce verso la stanza da cui stanno giusto uscendo un’orda di avvenenti ventenni con la camminata instabile di un cucciolo di giraffa nato da pochi minuti.
Finito di rendermi la parodia di me stessa, giungo nella sala dove, dalle luci rosse a intermittenza, suppongo si terrà il mio corso e nella quale comincia la lotta per accaparrarsi la prima fila vista specchio. Una battaglia a suon di “Ma no dai, mettiti tu qui davanti” falsi come Giuda.
E io già ti vedo mentre strabuzzi gli occhi e mi urli sprezzante che è vergognoso prendersi a unghiate metaforiche con una appena 18enne incredibilmente tonica per guardarsi riflessa come una megalomane che non se lo può permettere.
E io non solo ti capisco ma convengo con te che tutto ciò sia estremamente ridicolo… per non parlare del fatto che essendo arrivata per ultima si tratta persino di una brutta scorrettezza da parte mia…
Fatto sta che vinco io (dal momento che sono la regina dei falsi gentili la cosa non mi stupisce) e il premio non è solo essersi fatta una nuova nemica ma anche quello di poter constatare dopo 90 minuti di lezione, e dunque con una dolorosa cognizione di causa, di aver visto sacchetti gelo sessualmente più appetibili.
Ma prima ancora di scoprire questa amara verità, entra in classe l’insegnante che, giustamente, è una giovane nel fiore degli anni, tutta pieghevole come un dépliant e dal fascino di chi non ha lesinato con gli squat e ne è consapevole.
Manco il tempo di dire il suo nome che sta già dimenando la parrucca e ci invita a fare lo stesso.
E mentre divarico oscenamente gambe e braccia con la scioltezza di un frassino e tradisco i quasi 30 anni con multipli opplà nei movimenti più energici, mi domando perché ridurmi a clown mi diverta così tanto.
La storia dunque finisce così, ovvero con me che stipulo un abbonamento di 2 anni senza leggere le clausole in piccolo e la mia coscienza interdetta e deliziata.
Due anni???
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